L’uomo che spiegava i miracoli (I delitti “impossibili” di John Dickson Carr- 3a e ultima parte)

di Matteo Rezza

La straordinaria prolificità di Carr (arrivava a sfornare almeno 3-4 romanzi all’anno nel ventennio 1930-1950) gli aveva imposto l’uso di uno pseudonimo, su richiesta della casa editrice, in modo da poter vedere pubblicati sia le avventure con il pachidermico Gideon Fell, sia i romanzi con protagonista l’investigatore forse più amato dall’autore stesso, sicuramente dei tre quello che riflette di più la concezione di Carr della vita e di come sapersela godere: lo pseudonimo scelto dall’americano sarà Carter Dickson,  mentre la sua creatura prediletta sarà quel malevolo, astuto, diabolico vecchio bastardo di Sir Henry Merrivale, o H.M., o “Il Vecchio“.

Quasi ogni autore di romanzi polizieschi che abbia dato vita a più di un investigatore ha ,nel proprio inconscio, una certa predilezione per almeno uno dei suoi eroi rispetto agli altri; un esempio conclamato era la nota idiosincrasia di Agatha Christie per Poirot, la cui connotazione vanesia e altezzosa, tipica di una certa concezione inglese riguardo ai francofoni, non era certo casuale, mentre al contrario adorava Miss Marple, l’arzilla vecchietta piena di virtù morale britannica e buon senso. Nel nostro caso, la preferenza di Carr non viene mai espressa chiaramente, non c’è un astio creativo verso il dottor Fell (e come potrebbe…!) ne verso Bencolin ( e anche qui notiamo come l’eroe francese sia pur’esso altezzoso, dotato di una crudele vanità e di un cinismo a tratti patologico. Il ricordo della guerra dei cent’anni evidentemente era sempre vivo nell’animo degli autori britannici!). Semplicemente H.M. è probabilmente la proiezione del suo ego nella fiction letteraria: “il Vecchio” è una sorta di eminenza per nulla grigia dell’aristocrazia britannica, ha una serie di titoli onorifici da far invidia a Edoardo VI, è un membro del parlamento (conservatore, of course), non c’è persona almeno minimamente interessante in Gran Bretagna che il nostro non conosca. Ma non traetevi in inganno: sotto la patina di nobiltà acclarata, sir Henry è quello che potremmo definire, con un francesismo, un adorabile figlio di puttana. Vanitoso al limite della farsa, non sopporta l’ambiente ovattato e molto ipocrita nel quale si trova a vivere, prenderebbe a schiaffi i benpensanti (e buona parte dei laburisti), e a suo dire è una continua vittima dello statement che gli impone fondamentali ma noiosissimi ruoli di governo che gli impediscono di vivere la dissoluta esistenza da satiro piacevolmente malevolo che anela più di ogni altra cosa. H.M. è capace di mandare al diavolo il primo ministro stesso, se quest’ultimo lo disturba nel mentre del suo allenamento lirico ( si crede un grande cantante, oltrechè il più grande declamatore vivente di poemetti dell’epoca Cromwelliana), o se qualche collega parlamentare richiede la sua presenza mentre strilla canzonacce volgari in qualche osteria dei bassifondi di Londra davanti a qualche bella “pollastrella”. Perchè alla fine il Vecchio è proprio questo, un bambinone pieno di cattive abitudini e genuine dissolutezze, un donnaiolo impenitente e dissacrante, un imbucato nella upperclass capace di far venire i capelli bianchi ai vari Lord e baronetti a furia di volgarità gratuite e racconti di aneddoti a dir poco sconci e piccanti, ovviamente senza mai uno straccio di vergogna puritana (altra categoria di persone che spedirebbe volentieri sulla Luna). La straordinaria somiglianza con Churchill è un dettaglio in più, anche se Carr ha sempre negato di essersi ispirato a “Winnie” per il suo investigatore. Tuttavia il crapone pelato, la rotondità delle forme, una certa passione per l’alcool e un linguaggio non esattamente da baronetto non possono non farci pensare che almeno un po’ di Churchill sia presente in Merrivale.

Ma oltre tutto questo, H.M. è soprattutto un’investigatore formidabile, dotato di un cervello sempre al lavoro, e non disdegna di passare all’azione in prima persona, soprattutto se c’è qualche bravo giovane da tirare fuori dai guai. Il vecchio è il vero e proprio non plus ultra dell’intelligence britannica negli anni ’30, ruolo nel quale lo troviamo nel primo romanzo che lo vede protagonista, “The Plague court Murders” (“La casa stregata”, 1934). In questo caso il giovane Ken Black ( che nei primi romanzi fungerà da spalla di Sir Henry, fino a scomparire piano piano nei successivi) si rivolge al Vecchio come ultima speranza per risolvere il mistero di Plague court, una vecchia dimora londinese dove, in un depandance assolutamente inaccessibile, un medium in odore di truffa viene trovato pugnalato a morte. Neanche a dirlo, porta chiusa dall’interno e finestre e cappa del camino totalmente inaccessibili, il tutto completato da una serie di testimonianze che certificano il fatto che nessuno si sia avvicinato alla casetta di cemento, e tantomeno ci possa essere entrato. Un vero e proprio miracolo, ma non per H.M., che con l’aiuto di Ken e dell’odiato/amato ispettore Masters (“quella dannata serpe di Masters” è il vezzeggiativo più gentile che sentirete prodotto dalla bocca di Merrivale) scioglierà il bandolo della matassa, non senza conseguenze tragiche per qualcuno. “The Plague Court murders” è un’ottimo romanzo, denso di atmosfera e pura detection fiction, dove bisogna fare attenzione alla quantità notevole di indizi disseminati da Carr, che è uno che non bara mai: gli elementi per risolvere il rebus sono gli stessi che ha l’investigatore, ma quasi mai arriverete alla soluzione prima di lui.

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I romanzi successivi sono quelli che potremmo definire della serie dei “Delitti di“: a cominciare da “The wihite priory murders” (“Assassinio all’abbazia”, 1934), dove il Vecchio si troverà alle prese con l’omicidio di una diva di Hollywood, assassinata all’interno della fiabesca depandance di una villa nell’innevata campagna inglese; un caso come altri, potrebbe sembrare ai più, ma il tutto viene maledettamente complicato dal fatto che il luogo del delitto è circondato da un manto di neve immacolata, senza lo straccio di un impronta; il che non è possibile, visto che l’ora della morte viene certificata dopo tre ore dal momento in cui era cessato di nevicare. Come può L’assassino essersi volatilizzato nel nulla? Ovviamente H.M. non crede a improbabili esseri alati, ma dovrà spremere a fondo tutte le dorate meningi per venire a capo del mistero, non prima tuttavia che l’assassino colpisca ancora. “The red widow murders” (“I delitti della vedova rossa”, 1935) è sicuramente uno dei migliori romanzi con protagonista sir Henry. Il plot è semplice ma accattivante allo stesso tempo: nella dimora della famiglia Mantling vi è una stanza conosciuta come “La stanza della vedova rossa“, ove in passato 4 persone sono morte senza una causa apparente, prima che venisse sigillata nel 1876. Ora che la vecchia dimora sta per essere abbattuta, viene proposto da Lord Mantling un esperimento per sfatare la superstizione che grava sulla camera della vedova. Tramite un sorteggio, al quale partecipa anche sir Henry per certificarne la regolarità, viene scelta la persona che dovrà passare due ore all’interno della camera. Il tutto ha l’aria leggera dello scherzo, senonchè allo scadere delle due ore il malcapitato viene trovato morto, avvelenato col curaro. Ma come ha potuto entrare in circolo il veleno, dato che la stanza era sigillata e sorvegliata dall’esterno e sul corpo della vittima non vengono rinvenuti segni di puntura? Unici indizi a disposizione, una vestaglia giapponese e un detto latino che però non sembra avere alcun senso, e il Vecchio per la prima volta si troverà in seria difficoltà. Un giallo spettacolare, la cui soluzione è meravigliosa nella sua ingegnosa semplicità, da restare a bocca aperta. In “The Unicorn Murders” (“I delitti dell’unicorno”, 1935), H.M. avrà a che fare con un sfuggente ladro e assassino dalla fama internazionale, Flamande, un pò Fantomas un po’ Lupin, trovandosi intrappolato con i suoi compagni in un maniero nella campagna francese senza la possibilità di comunicare con il mondo esterno; in the “The Punch e Judy murders” (“Delitto da burattini”, 1936) il fido Ken Black si troverà a dover sfuggire dall’accusa di aver assassinato un professore tedesco in odore di spia del Reich, prima che H.M. riesca a dissipare l’ombra di sospetti calata sul suo giovane collaboratore.

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Gli anni ’30 si concludono per Merrivale con due delle sue avventure più significative, per diversi motivi. in “The Judas window” (“L’occhio di Giuda”, 1938) troveremo il Vecchio nelle improbabili vesti di avvocato difensore (è laureato in giurisprudenza, tra le altre cose) del giovane Answell, accusato di aver assassinato il futuro suocero con una freccia! Essendosi risvegliato, dopo essere stato drogato, nella stanza del crimine assieme al cadavere, ed essendo questo sprangata dall’interno, nessuno è disposto a credere all’innocenza di Answell, data l’impossibilità stessa di scoccare una freccia in una camera ermeticamente sigillata. Per sua fortuna, e sfortuna della corte, H.M. rivestirà toga e parrucchino e dimostrerà alla giuria come un delitto possa essere stato commesso tramite “l’Occhio di Giuda“….”The Judas window” è considerato in assoluto una delle migliori camere chiuse di Carr, e davvero vi spremerete le meningi all’inverosimile prima di capire cosa sia e come l’assassino abbia utilizzato “L’occhio di Giuda”. Piccolo indizio: si tratta di qualcosa che possiamo trovare in ogni carcere… In “The reader is warned” (“Lettore in guardia”, 1939), Sir Henry si troverà alla prese addirittura con un telepate, Pennik, il quale asserisce di poter uccidere a distanza chi voglia con la sola potenza della propria “Teleforza“; ovviamente nessuno crede al presunto telepate, tuttavia H.M. sente puzza di bruciato; e quando l’uomo che si era preso gioco di Pennik viene trovato morto, senza segno alcuno che si possa essere trattato di un omicidio, il vecchio bastardo si troverà nella scomoda situazione di dover spiegare come un uomo possa ucciderne un altro con la sola forza del pensiero. Personalmente “The reader is warned” è uno dei romanzi della serie di Merrivale che ammiriamo di più, sicuramente uno di quelli dove la soluzione dell’enigma vi porterà a pensare “Idiota, eppure c’erano tutti gli indizi per arrivarci”, ma al 99% non ci arriverete ( e quell’1% controlli il proprio albero genealogico, chissà che non abbiate avuto un zio baronetto inglese…).

L’avvento della WW2 influenza notevolemente anche lo scenario delle avventure di H.M. Innanzitutto lo stesso Carr ha personalissimi motivi di risentimento nei confronti dell’orso Adolf, dopo che un bombardamento della Luftwaffe aveva raso al suolo la sua casa in Maida Vale, a Londra; in più, lo scrittore americano era stato assoldato dalla BBC per curare programmi radiofonici di propaganda. E non dimenticatevi poi che Il Vecchio era stato il capo dell’intelligence britannica in tempo di pace, mentre adesso il solito complotto da parte del governo ladro l’ha “costretto” a una posizione di rilievo al ministero della guerra, Whitehall. Il Reich marcia sull’Europa, l’ombra della Gestapo si staglia sul vecchio continente e H.M. briga piani e complotti per rovesciare il nazismo del baffetto psicopatico di Berlino. Ma nel tempo libero, tra una V2 che cade su Londra e un’oscuramento notturno, Merrivale si calerà ancora nei panni del segugio implacabile: lo vedremo alle prese con un delitto durante una traversata nell’Atlantico (“Murder in the submarine zone“, “Fantasma in mare”, 1940), mentre nella fase più intensa dei bombardamenti su Londra si dovrà occupare dell’omicidio del direttore di uno zoo, suo amico personale, e del suo pitone del Borneo, Patience (“He wouldn’t kill Patience“, “Perchè uccidere Patience?”, 1944, ma la vicenda si svolge durante la battaglia d’Inghilterra del 1940); il delitto è avvenuto in una stanza sigillata in maniera realmente ermetica: in questo caso, infatti, toppa della serratura e battente vengono ritrovati coperti da nastro adesivo, ovviamente dall’interno. Con l’aiuto di due giovani prestigiatori, il Vecchio tenderà un agguato…animalesco alla diabolica mente di questo omicidio, portando alla luce il mistero del trucco utilizzato grazie al rumore delle bombe che cadono su Londra! Verso la fine della guerra, il Vecchio indagherà sulla maledizione di una lampada egizia che ha il potere di far scomparire le persone dal nulla (“The curse of the bronze lamp“, “La lampada di bronzo” 1945), mentre nel 1946 si troverà faccia a faccia con un efferato serial killer (“My late wives“, “Le mie defunte mogli”); tema, quello del serial killer, mai affrontato prima da Carr, che rifuggiva delitti seriali che imbrigliassero l’ingegnosità del plot, tranne ovviamente in questo caso.

Gli ultimi due romanzi della decade martoriata dalla più violenta guerra della storia sono forse quelli in cui l’umorismo dissacrante di Carr toccherà vette mai raggiunte prima: in “The skeleton in the clock” (“Il mistero dello scheletro”, 1948) l’acquisto di un orologio a pendola, con al suo interno uno scheletro umano, porterà il Vecchio ad occuparsi di un omicidio irrisolto di 20 anni prima, tra comiche baruffe con una anziana Lady di ferro e feste di paese traboccanti di ignoranza; durante la trasferta america di “A Graveyard to let” (“H.M. e il fantasma di un amore”, 1949), il rubicondo ciccione stupirà tutti con la sua abilità di giocatore di baseball, e non ultimo risolverà il “miracolo” di come un uomo possa essere scomparso letteralmente da una piscina dopo esservisi tuffato sotto gli occhi di più testimoni.

I primi anni ’50 sono il canto del cigno per Sir Henry, che spazierà da un caso di lettere anonime con conseguente delitto in “Night at the mocking widow” (“La vedova beffarda”, 1950), passando per una rocambolesca avventura a Tangeri sulle tracce di un ladro più leggero dell’aria (“Behind the crimson blind“, “H.M. e il ladro di Tangeri”, 1952) fino a concludersi nel comico finale di “The cavalier’s cup” (“La coppa del cavaliere”, 1953), dove il crimine è quasi un espediente per permettere al Vecchio di dimostrare al mondo le sue presunte strabilianti capacità di attore e cantante lirico!

L’uscita di scena di Sir Henry non è niente di triste o compassionevole (com’era invece stato per un altro grande investigatore, Poirot, nel suo “Sipario”), piuttosto un omaggio a 25 anni di sfide a miracoli veri e propri, accompagnato dalle stravaganze e buffonerie che l’hanno reso celebre; il vecchio satiro, amante dell’alcool, delle canzonacce sconce da osteria e delle donne di facili costumi, è stato il terrore degli assassini più diabolici, dei perbenisti più ipocriti, nonchè di quella dannata serp…ehm di quel coscienzioso  e irreprensibile ispettore del CID corrispondente al nome di Masters!

Lunga vita al Vecchio e ai suoi miracoli, ci mancheranno.

” Ma l’anima romantica di Madge non si dava pace:

-Vecchio demonio astuto, calcolatore e machiavellico! Non mi stupisco che Masters fosse così depresso! Ma io vi consideravo quasi con adorazione perchè credevo che steste facendo qualcosa di follemente nobile e spontaneo, e invece… si è trattato di una messa in scena per dimostrare a X quanto foste più bravo di lui! Oh, non ci sono parole per descrivervi!- la ragazza allargò le braccia e balbettò- Voi..voi siete…

H.M. depose sul tavolo la tazza vuota. Squadrò le spalle e un’espressione d’immensa serenità gli si dipinse sul faccione. Gonfiò il torace e con aria maestosa si battè una mano sul petto:

-Io sono il Vecchio.”

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